Le tappe del percorso di Papa Francesco in visita alla diocesi di Milano.
L’ARRIVO: Papa Francesco a Linate riceve i fiori da due bambini
Per il Pontefice il “benvenuto” delle campane a festa delle chiese ambrosiane, l’accoglienza dell’Arcivescovo e delle autorità. Primo fuori programma: saluta la folla avvicinandosi alle transenne
Decollato da Ciampino alle 7.10, l’aereo dell’Aeronautica militare messo a disposizione dal Governo, con a bordo papa Francesco, è atterrato alle ore 8 e 17 a Linate. Nessun tappeto rosso al suolo, perché il Pontefice ha espressamente detto di non volerne. A dare il benvenuto al Papa, su espresso desiderio del cardinale Angelo Scola, il “coro” festoso delle campane delle migliaia di chiese appartenenti alle 1.107 parrocchie della Diocesi di Milano.
Ad accogliere Francesco, oltre all’Arcivescovo, il presidente della Regione Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il prefetto di Milano Luciana Lamorgese, il sindaco di Segrate Paolo Micheli, la direttrice dell’aeroporto Monica Piccirillo, il presidente della Sea Pietro Modiano, il comandante della Base dell’Aeronautica Militare di Linate colonnello Alessandro Losio e il cappellano dell’aeroporto don Fabrizio Martello.
Per il Pontefice l’omaggio di un mazzo di fiori portogli da due bambini di 7 anni, Sara di Milano e Fabio di Seveso, figli di dipendenti della Sea. Ad attenderlo una rappresentanza dei dipendenti della società che gestisce lo scalo e dei vari corpi dello Stato che lavorano in aeroporto e le loro famiglie.
Prima di salire sull’auto di servizio, in quello che è stato il primo fuori programma della giornata, papa Francesco ha voluto avvicinarsi alle transenne dove era accalcata la folla.
Nel capoluogo lombardo è una bella giornata di sole, ma a Linate, poco prima dell’atterraggio, la nebbia era fitta tanto da ritardare di qualche minuto l’atterraggio. La nebbia si diradava poi all’ingresso della città, all’altezza di viale Corsica.
PRIMA TAPPA: Papa Francesco: «Entro in Milano come sacerdote
al servizio del popolo»
Alle Case Bianche di via Salomone nel quartiere Forlanini l’incontro con le famiglie poi un breve momento di saluto con i residenti. «È un grande dono per me: entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità»
«Vengo qui in mezzo a voi come sacerdote, entro in Milano come sacerdote». È iniziata da questa affermazione e da incontri e gesti concreti la visita di papa Francesco a Milano. «Il sacerdote cristiano è scelto dal popolo e al servizio del popolo», ha scandito subito il Papa. «È un grande dono per me: entrare nella città incontrando dei volti, delle famiglie, una comunità», ha detto salutando la gente questa mattina, migliaia di persone, riunite sotto le Case bianche di via Salomone, e rendendo subito chiara la sua scelta di partire proprio dalla periferia. Quasi cinquecento alloggi di edilizia popolare che attendono una riqualificazione, ma la cui gente sa di contare di più rispetto ai cronici problemi che affliggono il quartiere. Oggi era infatti, soprattutto, un’esplosione di gioia, con il sole che ha aiutato sgombrando la nebbia, e le bandiere: ad una finestra quella dell’Argentina e poi quelle di tutti i Paesi sudamericani.
Dalle 8 e 40, per mezz’ora, il Papa, con il cardinale Angelo Scola, ha incontrato Dorotee (Dori) Falcone e Stefano (Lino) Pasquale, che hanno 57 e 59 anni e abitano al quarto piano del n. 38. Sono stati loro la prima famiglia a essere visitata. Mihoual Abdel Karim e sua moglie Tardane Hanane abitano invece al secondo piano del n. 40 con i figli Nada (17 anni), Jihane (10 anni) e Mahmoud (6 anni). La terza famiglia visitata da papa Francesco si chiama Oneta, abita al terzo piano del n. 32 ed è composta da Nuccio Oneta e Adele Agogini, il primo di 82 anni e la seconda di 81 anni.
Francesco, dopo aver incontrato in forma privata le tre famiglie rappresentative del quartiere ha salutato ad uno ad uno i disabili in prima fila, poi ha subito ringraziato per la stola donatagli dalle donne della cooperativa “Il filo colorato di San Vincenzo”. Francesco ha spiegato che la stola «non l’avete comprata già fatta, ma è stata creata qui, è stata tessuta da alcuni di voi, in maniera artigianale».
Papa Francesco ricorda a se stesso che è in visita a Milano come un sacerdote e il sacerdozio «è dono di Cristo, ma è “tessuto” da voi, dalla vostra gente, con la sua fede, le sue fatiche, le sue preghiere, le sue lacrime…».
Poi il dono dell’immagine della statua della Madonna, ora restaurata, che accompagna il quartiere fin dalle Case minime, che negli anni ’70 hanno lasciato il posto poi alle Case Bianche: «Grazie al vostro dono la Madonna mi accoglie già da qui, all’ingresso» ancora prima della «Madonnina, in cima al Duomo», ha reso merito papa Francesco. Maria che è segno anche della missione della Chiesa «che non rimane nel centro ad aspettare, ma va incontro a tutti, nelle periferie, va incontro anche ai non cristiani, anche ai non credenti…; e porta a tutti Gesù, che è l’amore di Dio fatto carne, che dà senso alla nostra vita e la salva dal male. E la Madonna va incontro non per fare proselitismo, no! Ma per accompagnarci nel cammino della vita», ha incoraggiato il Papa, che – toccando probabilmente il cuore di tutti – ha ricordato quando da ragazzo c’era la mamma che attendeva all’uscita della scuola. «La Madonna è madre! E sempre arriva prima, va avanti per accoglierci, per aspettarci».
Una Chiesa che, proprio come la statua della Madonna, «ha sempre bisogno di essere “restaurata”». «Lasciamoci ripulire nel cuore», ha aggiunto. Poi, proprio come un parroco ai suoi fedeli, accennando alla Quaresima il Papa ha ricordato che «una buona Confessione ci farà bene a tutti!», chiedendo però che «anche i confessori siano misericordiosi».
«Il Papa ha saputo trasformare questa realtà», ha osservato a caldo il parroco di San Galdino, don Augusto Bonora, soddisfatto soprattutto per una visita che ha unito la comunità.
Grandissima l’emozione di tutti, da quella di una mamma con una figlia disabile, che dalla visita di oggi chiede solo una benedizione per proseguire a crescere la sua «stella», fino a chi negli anni ha accompagnato la vita di queste case con il volontariato e la vicinanza alle persone, a partire dagli anziani. «Diamo voce ai più deboli, rispondiamo alle richieste di aiuto di tutti anche andando controcorrente», ha testimoniato Giorgio Sarto, responsabile della Caritas parrocchiale.
Al Papa sono arrivati anche i messaggi dei bambini e delle famiglie, raccolti casa per casa dalle Piccole Sorelle di Charles de Foucauld, che vivono proprio in un appartamento delle Case Bianche. «Vieni più spesso, così sistemano le cose che non vanno, e che fanno arrabbiare mamma e papà», ha scritto un bambino, riassumendo le speranze di tutti. Un’anziana spera che il Papa non si stanchi troppo nella sua giornata a Milano. Ma è pronto il messaggio di un bambino: «Ti auguriamo una lunga vita, a sostegno di tutti noi». E Francesco, prima di lasciare questa zona e avviarsi verso il Duomo, ha ringraziato ancora una volta la gente, per averlo accompagnato nel suo primo ingresso a Milano.
SECONDA TAPPA:
Il Papa ai sacerdoti e ai consacrati: «Non perdere la gioia di evangelizzare»
Il dialogo in Duomo con i Ministri ordinati e la Vita consacrata dopo una breve preghiera personale nello Scurolo di san Carlo. Francesco ha risposto alle domande rivolte da un presbitero, un diacono permanente e una suora.
Nel cuore di Milano, nel luogo simbolo della fede, partendo dalla sua periferia.
Lasciate le Case Bianche, papa Francesco questa mattina alle 10 è arrivato in Duomo, accolto dal calore della gente in piazza e dall’abbraccio simbolico di tutti i sacerdoti, i consacrati, i religiosi e le religiose della Diocesi, che lo attendevano da ore nelle navate della Cattedrale.
Sulle note del canto “Aprite le porte a Cristo”, il Santo Padre ha varcato la soglia del Duomo accompagnato da un lungo applauso.
Quindi è sceso il silenzio e papa Francesco si è ritirato per una breve preghiera nello Scurolo di san Carlo, compatrono della Chiesa ambrosiana.
Poi l’arcivescovo Angelo Scola introduce l’incontro – dialogo del Papa con le parole di san Carlo a san Pio V: «Perché Dio conservi la santità vostra, perché possiamo vedere in questo tempo nella Chiesa quel progresso spirituale che il mondo attende dalla pietà e dallo zelo apostolico di vostra santità».
Quindi un prete, un diacono permanente e una suora hanno rivolto tre domande a papa Francesco, toccando temi a lui molto cari.
Don Gabriele Gioia del decanato Gallarate, a nome di tutti i sacerdoti, ha chiesto al Santo Padre quali scelte prioritarie fare in una società, multietnica, multireligiosa, multiculturale, piena di sfide, dove spesso si corre il rischio di trovarsi con le reti vuote. E proprio da questa metafora ha preso la parola il Papa per mettere subito in chiaro che «l’evangelizzazione non è sempre sinonimo di prendere pesci. Bisogna prendere il largo, dare testimonianza e poi è il Signore che prende i pesci: quando, dove e come non ha importanza». Ha poi raccomandato di «non perdere la gioia di evangelizzare. Perché evangelizzare è una gioia».
Un grande applauso ha dimostrato tutta l’approvazione dei presenti.
Poi il Papa ha rincuorato ancora i suoi preti dicendo che non bisogna temere le sfide, perché «sono il segno di una comunità viva» e «ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica».
Per quanto riguarda la società “multi”- come l’ha definita Francesco- il Santo Padre ha rincuorato tutti dicendo che «lo Spirito Santo è il Maestro della Diversità» e che la Chiesa stessa è «Una in un’esperienza multiforme».
Certo, la diversità e la «cultura dell’abbondanza a cui siamo sottoposti» può offrire uno scenario insidioso, soprattutto per i giovani di oggi, ecco che allora ai sacerdoti spetta un compito importante: formare al discernimento.
La parola passa poi a Roberto Crespi che, facendosi portavoce dei 143 diaconi permanenti presenti in Diocesi, chiede quale deve essere il contributo del loro ministero.
«Voi diaconi avete molto da dare», dice subito papa Francesco che continua: «All’interno del presbiterio potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si trovano all’interno della vita familiare». E qui, riferendosi ai diaconi sposati, Francesco aggiunge: «Voi avete una suocera!», strappando una risata.
Poi il discorso torna serio quando il Papa ricorda ai diaconi che non sono «mezzi preti e mezzi laici» e nemmeno «intermediari tra fedeli e pastori».
Bella è la definizione che il Santo Padre dà di questo ministero quando dice: «Il diacono è il custode del servizio nella Chiesa. Il servizio alla Parola, all’Altare, ai Poveri».
E qui c’è tutto Francesco, che ha fatto del servizio a Dio e ai fratelli il perno del suo magistero.
Infine prende la parola madre M. Paola Paganoni, superiora delle Orsoline di san Carlo, che chiede al Papa come poter dare una testimonianza di vita povera, vergine e obbediente all’uomo di oggi, vista la “minorità” delle suore nella Chiesa e nella società.
E “minorità è una parola che piace molto al Papa, in quanto carisma francescano e «sigillo dei cristiani». Ma il Santo Padre tiene a precisare: «Pochi sì, in minoranza sì, anziani sì, ma rassegnati no».
Un altro grande applauso riempie le navate del Duomo, poi Francesco riprende il filo del discorso e ricorda che «le congregazioni non sono nate per essere la massa, ma un po’ di sale e un po’ di lievito perché la massa crescesse e il Popolo di Dio avesse il condimento che gli mancava».
L’incontro si conclude con l’invito, tanto caro al Santo Padre, di «andare nelle periferie», di ritornare «alla Galilea del primo incontro».
«Andate» scandisce Francesco e «non dimentichiamo che quando si mette Gesù in mezzo al suo popolo, questo trova la gioia».
Dopo questa iniezione di fiducia che vale non solo per le suore, ma per tutto il clero ambrosiano, l’incontro si conclude con il consueto scambio di doni. In ricordo della visita pastorale, il Papa regala alla Diocesi un calice e la Chiesa milanese dona simbolicamente al Papa 50 appartamenti da distribuire a chi non ha casa.
Ora ad attendere Francesco c’è di nuovo la piazza che si unisce a lui nella recita dell’Angelus.
In migliaia in piazza Duomo per l’Angelus del Papa
Dopo l’incontro con sacerdoti, religiosi e consacrati in Duomo, papa Francesco, accompagnato dal cardinale Scola, è uscito sul sagrato della Cattedrale per la recita dell’Angelus.
Il Santo Padre ha rivolto anche un breve saluto alle decine di migliaia di persone riunitesi in piazza, alle quali ha poi impartito la sua benedizione. L’accesso alla piazza era libero (senza iscrizioni), con la possibilità di assistere all’evento anche dal fondo grazie a due maxi-schermi. Anche chi è rimasto in Duomo ha potuto seguire queste fasi attraverso il maxi-schermo montato all’interno della Cattedrale.
TERZA TAPPA
Francesco ai carcerati: «Vi ringrazio dell’accoglienza. Io mi sento a casa con voi»
Le prime parole del Papa a San Vittore. All’incontro nella “rotonda” è seguito il pranzo, con un menù tipicamente meneghino e gli omaggi realizzati appositamente dai reclusi.
Nella prima visita di un Pontefice a San Vittore, papa Francesco nella “rotonda” del carcere rivolge queste parole ai detenuti: «Vi ringrazio dell’accoglienza. Io mi sento a casa con voi. Gesù ha detto: “Ero carcerato e tu sei venuto a visitarmi”. Voi per me siete Gesù, siete fratelli. Io non ho il coraggio di dire a nessuna persona che è in carcere: “Se lo merita”. Perché voi e non io? Il Signore ama me quanto voi, lo stesso Gesù è in voi e in me, noi siamo fratelli peccatori. Pensate ai vostri figli, alle vostre famiglie, ai vostri genitori. Passo tanto tempo qui con voi che siete il cuore di Gesù ferito. Grazie tanto e pregate per me».
Il Papa viene accolto all’ingresso dalla direttrice del carcere Gloria Manzelli, dalle autorità presenti e dal cappellano don Marco Recalcati, per poi passare attraverso alcuni raggi.
Prima l’incontro con alcune detenute accolte da Icam (Istituto Custodia Attenuta per Detenute Madri) e i loro bambini. Poi il saluto agli operatori del carcere: agenti, educatori, operatori sanitari e rappresentanze di volontari; al primo raggio, il saluto al centro clinico, al settore femminile e giovani adulti; nella rotonda centrale l’incontro con una rappresentanza di 80 detenuti di tutti i reparti; al sesto raggio l’incontro con i detenuti “protetti”.
Alle 12.30 il pranzo al terzo raggio con 100 detenuti rappresentanti di tutti i reparti, attorno a una tavolata di circa 50 metri. Menù uguale per tutti i detenuti e tipicamente meneghino: risotto allo zafferano, cotoletta e patatine, panna cotta. Cibo cucinato dai detenuti, coordinati da uno chef che già presta opera a San Vittore.
Al termine la benedizione dei doni offerti dai detenuti: biglietti prestampati, su cui i detenuti hanno scritto il proprio nome e quello dei propri cari, perché il Pontefice li porti con sé.
QUARTA TAPPA:
Un milione di fedeli alla Messa nel Parco di Monza
Provengono da tutto il territorio della Chiesa ambrosiana e dalle altre Diocesi lombarde, convenuti davanti al grande palco vicino a Villa Mirabello. Presenti anche le comunità straniere e i richiedenti asilo ospiti nei centri Caritas
Il Papa celebra la Messa al Parco di Monza davanti a un milione di fedeli, mentre centinaia di migliaia di persone lo hanno accompagnato con saluti e cori ai bordi delle strade per tutto il tragitto dal Duomo di Milano al luogo della Celebrazione eucaristica.
Il grande palco, teatro della celebrazione eucaristica presieduta da papa Francesco e concelebrata dai Vescovi lombardi nel Parco di Monza, è vicino a Villa Mirabello. Su una superficie di oltre 400 mila mq tre aree: sulla sinistra la grande tribuna a gradoni per coro e orchestra; al centro l’altare liturgico e le sedute dei celebranti; a destra l’area riservata ai disabili. Montati anche 6 maxischermi 10×8 m per la proiezione in diretta delle tappe precedenti della visita e poi delle varie fasi della Messa stessa.
Un flusso continuo di fedeli dalla mattina riempie i 45 settori in cui è suddivisa l’area.
Il Pontefice è arrivato al Parco di Monza alle 14.44, entrando nell’area per la Messa, da viale Cavriga. A bordo della Papamobile, ha attraversato i settori centrali, salutando e benedicendo la folla festante dei fedeli che al passaggio ha sventolato le sciarpe gialle e bianche.
La celebrazione è il momento-clou della visita, che richiama centinaia di migliaia di fedeli da tutto il territorio della Chiesa ambrosiana e anche da fuori.
I fedeli hanno prima ascoltato dal prato del parco di Monza l’Angelus recitato da papa Francesco in piazza Duomo a Milano e trasmesso sui sei maxischermi installati nell’area della Messa. In silenzio e in piedi hanno pregato con il Pontefice, e alla fine hanno applaudito dal fronte del palco dove si sta ora celebrando la Messa, collegandosi idealmente con le migliaia di fedeli che si sono radunati in piazza Duomo.
Decine di migliaia di fedeli provengono dalle altre diocesi lombarde (Bergamo, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Pavia, Vigevano) e da altre regioni (Trentino, Emilia, Piemonte, ecc). Tra le presenze, 500 militari con le loro famiglie (complessivamente 1.700 persone), dei corpi della Guardia di Finanza, dei Carabinieri, dell’Esercito e dell’Aeronautica, un centinaio di gruppi delle scuole medie superiori e un migliaio di studenti dell’Università Cattolica.
C’è chi si è svegliato all’alba per essere tra i primi ad arrivare e chi è in piedi alle 4 della mattina per preparare in oratorio le colazioni ai volontari che offrono assistenza nel settore riservato ai disabili sotto il palco.
Sono volute essere presenti le comunità straniere; tra i fedeli anche i richiedenti asilo ospiti a Villa Sacro Cuore a Triuggio e nei centri del Comune gestiti dalle cooperative di Caritas Ambrosiana.
Celebrazione animata vocalmente da cinquecento coristi presenti sul palco e coordinati da don Claudio Burgio, direttore della Cappella del Duomo di Milano, e dagli 8.600 coristi venuti spontaneamente dalle parrocchie lombarde. Tra i canti la scelta è caduta su composizioni intonate alla liturgia del giorno e su opere di autori, passati e contemporanei, che hanno svolto e svolgono attività musicale nella Diocesi di Milano, come Luciano Migliavacca, Luigi Molfino e Renato Fait.
Ad accogliere il Papa al suo arrivo, Pietro Luigi Ponti (presidente della Provincia di Monza e Brianza), Giovanna Vilasi (prefetto di Monza) e Roberto Scanagatti (sindaco di Monza). Prima della celebrazione la consegna ideale al Pontefice, da parte del direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, dei 55 appartamenti ristrutturati nel quartiere Niguarda di Milano destinati a persone in difficoltà, un progetto voluto dall’Arcivescovo Scola. Presenti tra i fedeli due delle famiglie assegnatarie.
A concelebrare la Messa presieduta dal Papa in rito ambrosiano (con la liturgia prevista per la solennità dell’Annunciazione del Signore e il servizio liturgico curato dai seminaristi del Seminario diocesano, dai ministranti del Duomo – Comunità San Galdino – e da volontari dell’Unione Diocesana Sacristi), quattro Cardinali di origine ambrosiana (Angelo Scola, Gianfranco Ravasi, Francesco Coccopalmerio e Renato Corti), 40 Vescovi e oltre un migliaio di sacerdoti di cui 70 anziani o con disabilità.
Intenzioni di preghiera recitate da una suora a nome di tutti i consacrati e le consacrate, un rappresentante di Azione cattolica per le associazioni, un esponente di Comunione e Liberazione per i movimenti e due migranti a nome delle comunità straniere presenti in Diocesi. All’offertorio pane e vino per l’Eucarestia portati all’altare da una famiglia di Monza e altri sette fedeli, provenienti da ognuna delle diverse Zone pastorali della Diocesi.
Per distribuire la comunione ai fedeli, oltre a un centinaio di diaconi permanenti e seminaristi, presenti 700 ministri straordinari (uomini, donne, consacrati) provenienti da tutte le 1.107 parrocchie della Diocesi.
Al termine della celebrazione l’intervento dell’Arcivescovo.
Disponibile il testo dell’Omelia
QUINTA TAPPA: Il Papa ai Cresimandi: «Mostrate come la fede
ci aiuta ad andare avanti»
Riuniti in 80 mila con i loro genitori e catechisti, padrini e madrine allo Stadio di San Siro a Milano, per l’incontro con il Santo Padre. Un pomeriggio intenso concluso da un discorso emozionante di 40 minuti
«Per il sacramento della santa Cresima, fate la promessa al Signore di non fare mai atti di bullismo, né mai di permettere che si faccia nella vostra scuola e nel vostro quartiere. Questo sì l’avete detto al Papa, adesso in silenzio pensate che cosa brutta è questa e se siete capaci di prometterlo a Gesù». È la conclusione perentoria del discorso di papa Francesco ai Cresimandi 2017 e Cresimati 2016 ambrosiani, riuniti in 80 mila con i loro genitori e catechisti, padrini e madrine, come da tradizione ambrosiana dal 1973 allo Stadio “Giuseppe Meazza” di San Siro a Milano, per l’incontro con il Santo Padre. Assieme a loro, oltre quattrocento volontari e mille adolescenti dagli Oratori dell’intera Diocesi impegnati nelle figurazioni coreografiche e nell’assistenza del lungo pomeriggio.
Un pomeriggio intenso concluso da un discorso emozionante di 40 minuti, che ha alternato momenti di tenerezza e allegria ad altri di riflessione e curiosità, strutturato – sull’esempio dell’incontro con Benedetto XVI nel 2012 – a partire dalle risposte a tre domande rivolte da un ragazzo, una coppia di genitori e una catechista.
Dopo l’apertura dei cancelli, già alle ore 14 era iniziata l’animazione con band degli Oratori di Bresso e Lainate, a cui è seguita l’animazione dei ragazzi della Fom (Fondazione Oratori Milanesi) e dell’Acr (Azione Cattolica Ragazzi) con canti, cori e coreografie sugli spalti a ingannare l’attesa. Alle ore 15.30 l’educatore Andrea Ballabio, in arte “Ciccio Pasticcio”, co-fondatore della onlus Pepita, aveva poi raccontato con poche ma efficaci parole il tema del bullismo, seguito dopo mezz’ora dalla giornalista Francesca Fialdini, conduttrice di “UnoMattina” ogni giorno su Rai1, che aspettando l’arrivo del Papa ha presentato la campagna “Cresciuto in Oratorio” (www.cresciutoinoratorio.it), con due volti celebri che l’hanno sostenuta: il cantante Davide Van De Sfroos, che ha intonato due canzoni del suo repertorio, e l’attore Giacomo Poretti, che ha raccontato con la consueta ironia la sua esperienza in Oratorio e di quando ha ricevuto il sacramento della Cresima.
All’evento è stata inoltre collegata una raccolta fondi promossa da Caritas Ambrosiana per contribuire alla costruzione della “Casa del futuro” ad Amatrice (Ri). Si tratta di una casa d’accoglienza e sostegno sociale per adolescenti e giovani in difficoltà, che può anche ospitare gruppi parrocchiali per esperienze di vita comune e campi scuola: a raccogliere simbolicamente l’offerta è stato il Vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, intervistato da Francesca Fialdini sul progetto di Caritas Ambrosiana “Casa del Futuro”.
Poco prima dell’arrivo del Papa – in auto con il tradizionale giro dello stadio a salutare tutti i presenti – è stato fra l’altro annunciato il tema dell’Oratorio estivo 2017: “DettoFatto”, sulla meraviglia della Creazione.
Il Pontefice è quindi salito sul palco e dopo il Vangelo del giorno sull’Annunciazione (Luca 1, 26-38), accompagnato dalle coreografie dei ragazzi della Fom, ha ricevuto e risposto alle domande di un ragazzo, una coppia di genitori e una catechista.
Apre le domande il piccolo Davide da Cornaredo che in vista del sacramento della Confermazione chiede: «Quando avevi nostra età, che cosa ti ha aiutato a far crescere l’amicizia con Gesù?» Francesco risponde con tre cose, «unite da un filo che è la preghiera»: il parlare con i nonni, che «hanno saggezza della vita e con quella ci insegnano come andare più vicino a Gesù», giocare con gli amici («fa bene, perché quando il gioco è pulito s’impara a rispettare gli altri e a fare squadra insieme, questo ci unisce a Gesù: se si litiga è normale ma poi si chiede scusa e la storia finisce lì») e «andare in parrocchia e in oratorio, con cui ho imparato a relazionarmi con gli altri».
Sono poi Monica e Alberto, genitori di tre ragazzi fra cui l’ultima che a ottobre riceverà la Cresima, a domandare come trasmettere ai figli la bellezza della fede: «A volte ci sembra così complicato parlare di queste cose senza diventare noiosi e banali, o peggio autoritari, quali parole dobbiamo usare?». Francesco ne approfitta per allargare il discorso: «Credo sia una domanda chiave, che tocca la vita dei genitori ma anche dei pastori e di ogni educatore. Vi invito a ricordare quali persone hanno lasciato un’impronta nella vostra fede e che cosa di loro vi è rimasto più impresso, le situazioni che vi hanno aiutato: v’invito a ridiventare figli e ricordare le persone che vi hanno aiutato a credere. A me hanno aiutato genitori, nonni, catechista, zia, parroco, un vicino… tutti portiamo nella memoria ma specialmente nel cuore qualcuno che ci ha aiutato a credere». Il Papa poi aggiunge: «Adesso vi faccio una sfida, facciamo un attimino di silenzio e ognuno pensi chi mi ha aiutato a credere» e, incredibile ma vero, lo stadio ammutolisce in un silenzio quasi irreale. Senza nominarlo, Francesco cita poi don Enrico Pozzoli, che l’ha aiutato da giovane: «A me ha aiutato a credere e crescere tanto nella fede un bravo sacerdote lodigiano, che mi ha battezzato e poi durante tutta la mia vita andavo da lui: mi ha accompagnato fino all’entrata in noviziato, lo devo a voi lombardi! Io non mi dimentico mai quel sacerdote, un apostolo del confessionale, misericordioso e buono, lavoratore». Poi ha aggiunto: «I nostri figli, anche se non ci rendiamo conto, ci osservano tutto il tempo e intanto apprendono! “I bambini ci guardano”, come il titolo di quel film di Vittorio De Sica del 1943, cercatelo… tra parentesi, quei film del Dopoguerra e oltre sono stati una vera catechesi di umanità». Il Papa ha proseguito d’intensità: «Voi non immaginate l’angoscia dei bambini quando i genitori litigano, soffrono e non crescono nella fede! Quando i genitori si separano, il conto lo pagano loro, quando si porta un figlio al mondo si deve avere coscienza della responsabilità di farli crescere nella fede. Loro capiscono le nostre preoccupazioni, sono molto intuitivi e ricavano le loro conclusioni e i loro insegnamenti, sanno quando facciamo loro delle trappole e quando no, perciò fra le prime cose vi direi: abbiate cura del loro cuore, della loro gioia e della loro speranza! Gli occhietti dei vostri figli via via memorizzano e leggono con il cuore, la fede è una delle migliori eredità che avete ricevuto dai vostri genitori e se la vivete bene c’è la trasmissione ai vostri figli. Mostrate come la fede ci aiuta ad andare avanti, non con un atteggiamento pessimista ma fiducioso: questa è la migliore testimonianza che possiamo dare, c’è un modo di dire che recita: “Le parole se le porta il vento, ma quello che si semina nella mente, nel cuore, rimane per sempre”». Infine una notazione sulla tradizione comune in molti Paesi per cui le famiglie vanno «insieme a Messa e poi al parco con i figli a giocare insieme, così la fede diventa un’esigenza di famiglia insieme ad altre famiglie, ci aiuta a vivere il comandamento di santificare le feste ma anche di giocare e stare un po’ insieme» e l’accento a un’«educazione familiare nella solidarietà, un trasmettere la fede educandoci alle opera di misericordia, che fanno crescere la fede: non c’è festa senza solidarietà, come non c’è solidarietà senza festa, perché quando uno è solidale è gioioso e trasmette gioia», citando il racconto di una mamma di Buenos Aires che ha invitato i figli a pranzo a donare a un povero che bussava metà del loro cibo anziché quello per la sera: «Quella mamma ha insegnato la solidarietà: ma quella che costa, non quella che avanza!»
Partenza
Alle 19.30 Papa Francesco, presso l’areoporto di Milano Linate si prepara per fare ritorno a Roma.
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