venerdì 19 Aprile 2024

29 gennaio 2017

Il segno di croce con l’acqua benedetta

È la prima delle tre «invocazioni della misericordia» che, durante la Messa, purifica il nostro spirito e ci prepara all’incontro con Dio

È la prima delle tre «invocazioni della misericordia» che, durante la Messa, purifica il nostro spirito e ci prepara all’incontro con Dio

A cura del SERVIZIO PER LA PASTORALE LITURGICA

 

Tutta la Messa è un inno alla divina misericordia. Preghiere e canti, silenzi e parole, segni e gesti annunciano che Dio è «misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34, 6) e invocano da lui la grazia del perdono e la liberazione dal male e dal peccato.

La prima scheda è dedicata al segno di croce con l’acqua benedetta che, facendo memoria del battesimo, purifica il nostro spirito e ci prepara all’incontro con Dio. La seconda ripercorre le forme dell’atto penitenziale con cui, all’inizio della santa messa, chiediamo che «Dio abbia misericordia di noi». La terza si occupa dell’invocazione che precede la comunione («O Signore, non sono degno…») con la quale predisponiamo la nostra anima ad accogliere il Pane della vita.

Solitamente chi entra in chiesa per partecipare a una celebrazione liturgica o per raccogliersi da solo in preghiera, appena varcata la soglia immerge la mano nell’acqua benedetta che trova nell’acquasantiera e con quella traccia un segno di croce sul proprio corpo, toccando la fronte, il petto e le spalle e nominando le tre persone divine, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Questo rituale, che è affidato alla discrezione di ogni singolo fedele, merita di essere meglio compreso nel suo profondo significato spirituale.

In natura, l’acqua è causa di morte (dilaga, travolge, distrugge e affoga) e, insieme e inscindibilmente, fonte di vita (disseta, rinfresca, lava e ristora). Da questa ambivalenza costitutiva prende spunto San Paolo per illustrare la realtà del battesimo cristiano: immersione nell’acqua, che rende «intimamente uniti a Cristo a somiglianza della sua morte»; uscita dall’acqua, che realizza la piena e definitiva partecipazione a Cristo «a somiglianza della sua risurrezione» (cfr. Rm 6, 5). Nell’immersione muore l’uomo vecchio con la sua eredità di peccato; nella fuoriuscita dall’acqua nasce l’uomo nuovo che, vivendo da figlio e non più da servo, può camminare nella libertà dello Spirito. In tal modo – come scriveva Romano Guardini – «comprendiamo bene come la Chiesa faccia dell’acqua il simbolo e il veicolo della vita divina, della vita della grazia».

Di conseguenza, nell’acqua benedetta (o santa), posta all’ingresso della chiesa, il richiamo al battesimo risulta centrale. Appena varcata la soglia, e prima di accedere alla preghiera comune o individuale, i fedeli sono invitati a ricordare con gratitudine la loro rinascita battesimale, implorano misericordia e perdono per essere purificati dalle colpe commesse dopo il battesimo, chiedono aiuto, protezione e difesa dai pericoli e invocano la grazia dello Spirito Santo che li faccia vivere da veri figli e li sproni a camminare sempre in novità di vita. E tutto ciò non è solo pensato, bensì agito con gesti e parole eloquenti.

In primo luogo, la mano, che rappresenta tutta quanta la persona, si protende verso l’acqua benedetta e viene bagnata dall’acqua, ripetendo in certo modo quello che è avvenuto nel giorno del battesimo, quando il nostro capo è stato immerso nel fonte o irrorato dall’acqua versata su di lui.

Questa stessa mano, ancora umida di acqua benedetta, traccia un segno di croce sul corpo, aspergendo la fronte (sede dei nostri pensieri), il petto (sede dei nostri sentimenti) e le spalle (richiamo al nostro agire). Quello che il ministro ha fatto al nostro posto nel giorno del nostro battesimo noi, tracciando sul nostro corpo da noi stessi il segno della croce, lo confermiamo. È un atto di totale affidamento alla forza salvifica della croce di Cristo, che rinnova il nostro primo affidamento battesimale; è la sottomissione di tutto ciò che siamo alla logica della croce, che è logica di amore fino al dono di sé; è l’abbandono fiducioso a Colui che dall’alto della croce vigila sui nostri passi, ci guida e di protegge.

Il passaggio della mano dalla fronte al petto e dal petto alle spalle (prima la sinistra e poi la destra) è infine accompagnato dalle parole della fede trinitaria, che Gesù ha esplicitato nel comando dato ai discepoli di battezzare «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19) e che hanno accompagnato la nostra illuminazione battesimale. Esse sintetizzano la fede cattolica che professiamo e per la quale siamo disposti a dare anche la vita come Gesù sulla croce; delineano il volto di Dio come Gesù ce lo ha fatto conoscere, pienezza di comunione e di vita; ci affidano il «nome» che è sopra ogni altro nome e che solo merita di essere adorato con le labbra e le ginocchia, con la mente e con il cuore, con il nostro stile di vita.