venerdì 19 Aprile 2024
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1 novembre

Fierezza e coerenza con il Vangelo per non essere timidi cristiani del conformismo

In Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale nella festa di Tutti i Santi. «In questa solennità siamo invitati a guardare la storia con gli occhi di Dio e non con quelli del conformismo»

E, ancora, cristiani che evitando «le dichiarazioni che li possano far riconoscere come quelli segnati con il sigillo del Dio vivente, perché sanno che non è di moda», vivono, così, una contraddizione profonda tra il Vangelo «e i giudizi che si devono esprimere, gli stili di vita che si devono praticare, gli investimenti che si devono fare per imparare “a stare al mondo”». Anche quando questo mondo mostra la sua faccia peggiore e noi continuiamo a non far nulla, pur sentendo «pronunciare le parole di odio, i propositi di vendetta, l’esibizionismo della prepotenza, la viltà dei ricatti, le menzogne per giustificare le scelte contro la vita, contro i poveri».
«Sconfitti prima ancora della battaglia», per usare un’espressione sempre di monsignor Delpini che aggiunge: «I cristiani del conformismo sentono parlare male della Chiesa che abitano e sono inclini alla creduloneria più che alla ricerca della verità; si adeguano a quel sentire diffuso ad arte che rende imbarazzante apprezzare la missione della Chiesa e il suo servizio all’umanità».
L’invito, ma sarebbe meglio parlare di monito, è ad avere uno scatto di fierezza, guardando ai Santi e commemorando i Defunti: «In questa solennità siamo invitati a guardare la storia con gli occhi di Dio e non con quelli del conformismo. Anche noi, cristiani timidi, imbarazzati, complessati, accomodati nella omologazione, forse possiamo sentire un appello a non nascondere il sigillo del Dio vivente con cui siamo stati segnati e a farne una ragione di fierezza e un impegno di coerenza».
Ma da cosa si riconosce questo sigillo e quali i suoi caratteri? sono quelli che l’Arcivescovo delinea in riferimento alle Letture appena proclamate nella Liturgia della Parola.
«Il sigillo insegna a usare i verbi al futuro: il presente non è l’ultima parola, quello che oggi appare non è la verità, la situazione in cui siamo non è il destino ineluttabile o la comodità irrinunciabile. I verbi al futuro indicano che c’è una strada per cui i poveri giungeranno alla gioia, gli afflitti saranno consolati, coloro che hanno fame della giustizia saranno saziati, coloro che sono insultati e perseguitati riceveranno una grande ricompensa nei cieli».
«Coloro che portano il sigillo del Dio vivente si esprimono nell’essere insieme a cantare le lodi del Signore: soltanto insieme, soltanto nella comunità cristiana, soltanto sostenuti dalla fraternità ecclesiale si può percorrere il cammino verso la santità» e uscire dalle chiese diversi rispetto a quando vi si è entrati.
«Forse oggi possiamo ricevere in dono un sussulto di lucidità e di fierezza per decidere di non continuare nel mimetismo timido e nell’omologazione imbarazzata, per diventare anche noi concittadini dei santi e familiari di Dio, nella capacità parlare al futuro, nel segno della gioia invincibile, nell’unirci al coro della moltitudine immensa dei redenti dal sangue dell’agnello».
E, alla fine, ancora un auspicio perché «i santi di questo Duomo, migliaia di statue e di figure che ci accompagnano come presenze amiche quando entriamo, e ci incoraggiano quando usciamo aiutino a portare nel mondo quella gioia che il Signore ha seminato nei nostri cuori».

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