Verso il natale

Aspettando Natale

Avvento, tempo di attesa, tempo di preparativi, ma anche tempo di rifles­sioni e di preghiera. Prepariamoci ad accogliere Gesù.

Avvento, tempo di attesa, tempo di preparativi, ma anche tempo di rifles­sioni e di preghiera.
L’altro giorno aiutavo il mio nipotino a mettere gli addobbi natalizi sui vetri. L’entusiasmo dei bambini per tutti i segni che contraddistinguono l’arrivo del Natale è spesso contagioso e aiu­ta a rinnovare il significato di attesa, qualcosa di sperato che sappiamo con certezza che arriverà e che ci prepari­amo a vivere.

Talvolta l’attesa è parte stessa delrevento, è la condizione che ci prepara ad assaporare nel modo migliore ciò che verrà. Cosi si giustifica l’entusiasmo dei bambini, che, a differenza degli adulti, hanno bisogno di credere in un lieto fine. Aspettano con la certezza che i loro desideri avranno una posi­tiva conclusione.
Nel sacchetto che conteneva tutti gi addobbi, compresi quelli delralbero, ad un certo punto sono spuntate le statuine del presepe. Poche statue, quelle essenziali che non possono mancare e che qualificano il mistero della presenza di Dio che si è fatto carne ed ha deciso di far parte della storia dell’uomo.
Leo ha pescato la stella, una grossa stella in gesso e ha deciso che quella sarebbe stata la culla del Bambino.
Spontaneamente, ha preso del cotone e lo ha messo al centro della stella per accogliere Gesù. Dal sacchetto ha tolto poi gli altri personaggi e uno alla volta li ha disposti non accanto alla stella, ma intorno a raggiera, tutti con lo sguardo rivolto al centro, all’evento, al mistero.
Il comportamento di un bambino che non ha ancora tre anni mi ha indot­to a riflettere sul significato del Natale per me, per ciascuno di noi.
I segni, anche quelli più semplici legati alla tradizione come quello di fare il presepe, prendono senso quando diventano significativi per noi, quan­do rappresentano modi per comunicare e per esprimere, modi per pen­sare e riflettere.
Ed è questo che la situazione mi ha indotto a fare.

La culla di Gesù è una stella, fonte di luce, che elimina il buio, in primo luogo quello delle nostre coscienze.
La stella è lontana nello spazio, ma noi la percepiamo vicina perché vedi­amo la sua luce.
La stella rappresenta la culla dove il Bambino verrà posto, oggi è vuota, ma sappiamo che presto sarà occupata dal Salvatore.
Oggi non possiamo incontrare Gesù personalmente, ma possiamo avvertire la sua presenza, la sua vicinanza, la sua prossimità. Dio si è fatto uomo per farsi vicino a noi, per vivere come noi, per renderci fratelli, figli dello stesso Padre.
Tutti i personaggi, disposti a cerchio, guardano verso la stella che ospiterà il Bambino.
L’ osservatore esterno è indotto a guardare al centro, a dirigere lo sguardo verso ciò che più conta, senza distrazioni.
Ciò che caratterizza il Natale è la nascita di questo bambino che è Dio, ma è anche uomo, la vera novità e originalità della nostra religione. Un Dio che per farsi vicino agli uomini decide di farne parte completamente, facendo in modo che la Parola diventi carne, incarnandosi appunto. Ha scelto però una condizione poco conorme al lusso e all’agiatezza dei po­tenti, una condizione più vicina a quella di tante persone che vivono nella precarietà, nell’incertezza, nella paura, nell’insicurezza. Attorno a Gesù ci sono solo i suoi genitori, Giuseppe e Maria, la coppia dell’asino e del bue e le pecorelle, personaggi privi di voce, privi di rilevanza, spettatori però del più grande evento della storia.
Non posso allora pensare che anche per me, anche per ciascuno di noi, questo richiamo sia privo di significato. Gesù ha scelto di nascere in una certa condizione perché anche noi, testimoniandoLo, sappiamo privarci di tutto ciò che è superfluo, inutile, deviante, fuorviante. La sobrietà di un segno proposto da un bambino ci porti a ritrovare la certezza che anche quest’anno Gesù nasce per noi.
Prepariamoci ad accoglierlo.