Riflessione

Un briciolo di sapienza per la nostra vita

Don Mario ci propone per la VII domenica dopo il martirio di S. Giovanni una riflessione sulla Sapienza, oggetto della lettera pastorale di quest'anno nella quale l'Arcivescovo Mario ci invita a diventare ricercatori della sapienza.

Nella sua Lettera il vescovo Mario ci invita a diventare ricercatori della sapienza. Una via sicuramente decisiva è la preghiera. Ecco quanto ci scrive:

“Nel Libro della Sapienza Salomone confida il suo percorso per accedere alla sapienza: «Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza». (Sap 7,7)

Il desiderio di saggezza dà buone ragioni per proporre con insistenza la preghiera per chiedere la sapienza nella vita quotidiana di ogni fedele e nel ritmo ordinario delle comunità.

La sapienza di cui abbiamo bisogno non è anzitutto un insieme di nozioni da sapere, ma un gusto per la vita che ne gode il senso, ne sperimenta il mistero come buono.

Qual è l’atteggiamento adatto? In che modo possiamo coniugare la pratica personale e la pratica comunitaria di questa preghiera? Quale rapporto c’è tra la preghiera personale e la preghiera della Chiesa, la liturgia delle ore e la celebrazione eucaristica? Che significa fare silenzio? Che significa ascoltare il Signore? Che significa essere alla presenza del Signore? Come vigilare perché non si chiami preghiera una ripetizione di parole, un ripiegamento su di sé, un’esposizione di richieste, un cantare, parlare, piangere, come se l’interlocutore fosse un’assenza, un vuoto? In questa preghiera docile allo Spirito riceveremo la grazia di convertire i quesiti, che si sono spesso raccolti in questo periodo, alla preghiera che ci conforma al pensiero di Cristo. Molte volte infatti sono state enunciate domande inquietanti: perché questo male? Dove sei, Signore? Che cosa abbiamo fatto per meritarci queste disgrazie?”

Quarant’anni fa’ il card. Martini iniziò il suo ministero con una lettera che sorprese tutti: “La dimensione contemplativa della vita”. In questo titolo intrigante troviamo l’invito a riconoscere un potere e una qualità appartenenti alla vita stessa. Da qui l’esigenza di dare spazio al silenzio.

Il silenzio. Se in principio c’era la Parola e dalla Parola di Dio, venuta tra noi, è cominciata ad avverarsi la nostra redenzione, è chiaro che, da parte nostra, all’inizio della storia personale di salvezza ci deve essere il silenzio: il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. Certo, alla Parola che si manifesta dovranno poi corrispondere le nostre parole di gratitudine, di adorazione, di supplica; ma prima c’è il silenzio.

Possiamo anzi dire che la capacità di vivere un po’ del silenzio interiore connota il vero credente e lo stacca dal mondo dell’incredulità. L’uomo che ha estromesso dai suoi pensieri, secondo i dettami della cultura dominante, il Dio vivo che di sé riempie ogni spazio, non può sopportare il silenzio. Per lui, che ritiene di vivere ai margini del nulla, il silenzio è il segno terrificante del vuoto. Ogni rumore, per quanto tormentoso e ossessivo, gli riesce più gradito; ogni parola, anche la più insipida, è liberatrice da un incubo; tutto è preferibile all’essere posti implacabilmente, quando ogni voce tace, davanti all’orrore del niente. Ogni ciarla, ogni lagna, ogni stridore è bene accetto se in qualche modo e per qualche tempo riesce a distogliere la mente dalla consapevolezza spaventosa dell’universo deserto. L’uomo “nuovo” – cui la fede ha dato un occhio penetrante che vede oltre la scena e la carità un cuore capace di amare l’Invisibile – sa che il vuoto non c’è e il niente è eternamente vinto dalla divina Infinità; sa che l’universo è popolato di creature gioiose; sa di essere spettatore e già in qualche modo partecipe dell’esultanza cosmica, riverberata dal mistero di luce, di amore, di felicità che sostanzia la vita inesauribile del Dio Trino.

Se desideriamo ritrovare una sapienza di vita sarà buona cosa che la nostra vita interiore faccia di nuovo spazio al silenzio, in cui lasciar parlare il Dio di Gesù. In questo tempo potremmo decidere di trovare qualche angolo di silenzio e porre a Dio quelle domande forti che nel tempo della pandemia sono sgorgate dal cuore.

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