giovedì 25 Aprile 2024

Riflessione

La sapienza del corpo

Le festività dei santi e il ricordo dei defunti nel mese di novembre mettono al centro il corpo nella sua destinazione finale. La riflessione di don Mario all'inizio di questo mese.

All’inizio di novembre il tempo liturgico ci chiede una sosta contemplativa, di meditazione e di silenzio, per alzare gli occhi ‘in alto’. Le celebrazioni dei Santi e dei Fedeli Defunti ci spingono ad un ‘oltre’ per indicare la direzione del nostro cammino. Queste festività mettono in qualche modo al centro il corpo nella sua destinazione finale di comunione (con i Santi) e di risurrezione. La carne non è solo deperimento, ma è oggetto di rinascita, di trasformazione. Naturalmente parlare di corpo significa parlare di affetti, di relazioni, di limiti, di memoria e di tradizione, di volti di fratelli nella fede e nella carne.

Quest’anno, poi, questo tema della corporeità è stato messo forzatamente in rilievo da questa pandemia, che non da segni di diminuzione. I temi della malattia e della cura, della fragilità e della precarietà, del lutto, dell’impotenza e del limite vengono prepotentemente a galla. Sono stati troppo rimossi dalla nostra cultura e dalla possibilità della tecnica e della scienza! Percepiamo le difficoltà insite in questo tempo diventato oscuro e tenebroso: mancanza di prospettiva e di visione, di indicazioni di senso, di percorsi possibili. Per questo invochiamo la sapienza di “contare i nostri giorni”, quella cioè di conoscere il limite in cui siamo costretti affinché dischiuda la realtà misteriosa che vi è nascosta.

Ecco quanto dice il nostro vescovo a proposito del corpo nei suoi bisogni primari di cibo e di cura:

I gesti parlano, le sensazioni parlano, i rapporti parlano: parlano di me e di coloro che sono intorno a me, sia per la presenza fisica, sia per la presenza “virtuale”.

  • Una prima lezione riguarda l’esperienza della fame e del nutrirsi. Quale messaggio ne ricaviamo? Abbiamo bisogno. Siamo nel bisogno. Non bastiamo a noi stessi. Quello che ci sfama viene da altri. Il nostro bisogno ci istruisce sulla nostra condizione: siamo mendicanti. Il nostro bisogno non ci mette nella condizione di pretendere, ma di chiedere: è un modo diverso di intendere il diritto, nella logica paradossale del dono piuttosto che nella logica della pretesa. Il dare da mangiare, la prima opera di misericordia, può essere l’icona di quel linguaggio del corpo che significa la vocazione ad essere dono.
  • Si aprono il capitolo doloroso e inevitabile della malattia e quello edificante della cura. Che cosa dice il corpo che viene aggredito dalla malattia? Come se ne ascolta il messaggio? L’esperienza della propria fragilità e mortalità è una scuola drammatica e molte pagine della sapienza biblica, della preghiera dei salmi, della narrazione evangelica devono essere prese in considerazione. Raccolgono il messaggio del corpo malato, delle persone provate nel corpo e nello spirito, anche coloro che se ne prendono cura – e il “prendersi cura” è una parola che nelle pagine evangeliche rivela alle creature la possibilità e la vocazione a condividere i sentimenti di Gesù, il Figlio di Dio nel quale tutto è stato fatto. La comprensione teologica dell’assistenza agli ammalati, da parte di familiari, medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, è un percorso di santificazione e di verità provvidenziale. Salva infatti dallo scoraggiamento dell’impotenza, fa apprezzare la profondità della compassione, rende santi, come attesta la vita di quanti, uomini e donne, hanno riconosciuto nella cura dei malati il loro carisma specifico.

«Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via. Chi conosce l’impeto della tua ira e, nel timore di te, la tua collera? Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio» (Sal 90,10-12).

Non possiamo allora che fare nostro il manifesto della santità evangelica che in questi giorni risentiremo in Assemblea e in comunione con questa Chiesa e quella celeste. qui ritroviamo il nostro corpo nei suoi bisogni e nelle sue potenzialità. Chiediamo ai nostri Santi e ai nostri cari di toccarci dove abbiamo necessità di essere guariti e curati.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.