Riflessione

La sapienza della pluralità delle voci

La riflessione di don Mario per la terza domenica di Avvento. Un riferimento anche al cambiamento di alcuni testi della liturgia ambrosiana

Da Giovanni a Gesù! Ecco la novità di questa Domenica, in cui il cammino della fede necessita proprio di un ascolto più profondo delle opere di Gesù che rivelano il Padre suo. La fede non può essere separata dalle opere che parlano del volto del Padre.

Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. (Gv 5, 36-40)

E proprio oggi entra in vigore il nuovo Messale Romano. Anche la liturgia è un’opera attraverso la quale quel volto del Padre si svela nella vicenda umana di Gesù, Lui che è stato il primogenito tra molti fratelli. Una modifica liturgica riguarda proprio l’uso di ‘fratelli’ nella fede, ma anche di ‘sorelle’ della stessa. Può sembrare poco, ma ecco  un rilievo significativo di questa aggiunta offerto da don Mario Antonelli, vicario episcopale per la catechesi e l’educazione alla fede:

«Il “fratelli e sorelle” è sicuramente un segnale di come il linguaggio inclusivo venga ormai a pervadere anche la mentalità della Chiesa, e ad aiutarla nel promuovere ciascuno nella sua differenza, a partire da quella differenza – chiamiamola pure primordiale, originaria o di base -, che è appunto la differenza uomo-donna, riletta secondo l’unica dignità battesimale. È un aggiornamento del linguaggio liturgico che si accorda all’essere stesso della Chiesa. Al tempo stesso sono convinto che, qui, in gioco ci sia anche una più decisa valorizzazione del laicato, o meglio, un più robusto riconoscimento del valore dei laici e della loro dedizione aperta, sincera e docile alla Chiesa. Parlando di laicato si tratta, allora, di riconoscere la presenza di fratelli e di sorelle, non già indugiando sul “genio”, rispettivamente, delle donne e degli uomini, lasciando così inesplorati e indefiniti i modi di quella congiunzione; ma accogliendo e praticando questa differenza in quella relazione d’amore che, a partire dall’unica identità battesimale, si realizza nell’assemblea eucaristica».

Se le voci sono tante, non vanno spente, ma ASCOLTATE: il coro è più armonioso. Questo è sapienza!