Era tutto pronto. Il biotestamento appena diventato legge, i medici e l’anestesista sull’attenti, c’era già pure la psicologa nella stanza d’ospedale. Bastava l’ultimo e decisivo sì, quello di Salvatore. Poi l’iniezione avrebbe fatto il suo corso e lui, Salvatore Vono, avrebbe varcato il confine e ciao a tutti. Invece no, perché all’ultimo, il 57enne malato di Sla, ha deciso che il suo tempo sulla terra non era ancora finito. Anzi. E così ha scelto la vita. «Perché – dice oggi convinto –, io voglio vivere». Ex dipendente di banca e accompagnatore delle giovanili della Spal, ‘Salva’, come lo chiamano i tanti amici che ad ogni ora suonano nella sua casa di Pontelagoscuro per fargli un saluto, è sulla sedia a rotelle. Immobile. Riesce a battere le palpebre per dire sì e a muovere le labbra. La sclerosi laterale amiotrofica ha cominciato a sfiancarlo nell’ottobre 2014, per poi essere diagnosticata definitivamente l’estate successiva. Da quel momento un peggiorare lento e progressivo. Porta una protesi all’occhio destro, convive con il respiratore e riesce a comunicare grazie a una tabella fai da te ad indicazione di sguardo, avendo di fronte un interlocutore addestrato all’utilizzo. Come Elena, l’inseparabile moglie, o Ella, la ragazza che lo assiste. «La solitudine – racconta ‘Salva’ con gli occhi – è devastante. Lo Stato ti fa sentire solo e ti fa capire che sei un costo, un disturbo, un peso per la famiglia».
Tra la fine 2017 e l’inizio dell’anno in corso, è stato un viavai dall’ospedale: difficoltà a deglutire, a respirare, poi la broncopolmonite. E da lì, ecco la decisione di dare ai medici la possibilità di mettere in pratica la sua volontà, senza più doversi rivolgere al giudice tutelare, come in passato. Poi qualcosa è successo, qualcosa di grande nella sua testa.
Tutto dopo un incontro avuto con monsignor Luigi Negri. «Gli disse che Dio – racconta la moglie traducendo la volontà di Salvatore – aveva scelto lui, come aveva fatto con suo figlio Gesù». «E che valeva la pena provarci, – aggiunge Silvia, grandissima amica – andare avanti, continuare a vedere fiorire le piante, anche con quella malattia, anche senza più la sua voce e la mobilità di braccia e gambe». Salvatore così ha deciso di provarci, di giocare con una casacca diversa sulle spalle, ma di giocarsela fino in fondo. E la sua forza sono le persone, Elena, gli amici, il figlio
Una lacrima gli scende lenta. Ma il tuo cuore, domanda Silvia, di che cosa ha bisogno? Salvatore si illumina e punta lo sguardo su cinque lettere: «A-M-O-R-E». Suonano alla porta, è Stefano, il figlio che lo abbraccia forte: «Ciao papà e tanti auguri. Oggi è la tua festa».