sabato 2 Dicembre 2023

29 ottobre

Pregare il cielo

In questa II domenica dopo la Dedicazione il messaggio di don Claudio riprende ancora una volta le parole del Card. Pizzaballa.
Immagine che contiene nuvola, cielo, Retroilluminazione, aria aperta Descrizione generata automaticamente

Vi propongo alcuni passaggi della bellissima lettera del Cardinal Pizzaballa, Custode di Terrasanta

“Stiamo attraversando uno dei periodi più difficili e dolorosi della nostra storia recente. Da ormai più di due settimane siamo stati inondati da immagini di orrore, che hanno risvegliato traumi antichi, aperto nuove ferite, e fatto esplodere dentro tutti noi dolore, frustrazione e rabbia. Molto sembra parlare di morte e di odio senza fine. Tanti “perché” si accavallano nella nostra mente, facendo aumentare così il nostro senso di smarrimento.

Tutto il mondo guarda a questa nostra Terra Santa, come ad un luogo che è causa continua di guerre e divisioni. Proprio per questo è stato bello che qualche giorno fa, tutto il mondo fosse invece unito a noi con una giornata di preghiera e di digiuno per la pace. Uno sguardo bello sulla Terra Santa e un importante momento di unità con la nostra Chiesa. E questo sguardo continua. È forse la cosa principale che noi cristiani in questo momento possiamo fare: pregare, fare penitenza, intercedere.

In tutto questo frastuono dove il rumore assordante delle bombe si mischia alle tante voci di dolore e ai tanti contrastanti sentimenti, sento il bisogno di condividere con voi una parola che abbia la sua origine nel Vangelo di Gesù, perché in fondo è da lì che tutti noi dobbiamo partire e lì dobbiamo sempre ritornare. Una parola di Vangelo che ci aiuti a vivere questo tragico momento unendo i nostri sentimenti a quelli di Gesù.

Guardare a Gesù, ovviamente, non significa sentirci esonerati dal dovere di dire, denunciare, richiamare, oltre che consolare e incoraggiare. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo di domenica scorsa, è necessario rendere “a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Matt. 22,21). Guardando a Dio, vogliamo dunque, innanzitutto, rendere a Cesare ciò che è suo.

Ma non posso vivere questo tempo estremamente doloroso, senza rivolgere lo sguardo verso l’Alto, senza guardare a Cristo, senza che la fede illumini il mio, il nostro sguardo su quanto stiamo vivendo, senza rivolgere a Dio il nostro pensiero. Abbiamo bisogno di una Parola che ci accompagni, ci consoli e ci incoraggi. Ne abbiamo bisogno come l’aria che respiriamo.

È sulla croce che Gesù ha vinto. Non con le armi, non con il potere politico, non con grandi mezzi, né imponendosi. La pace di cui parla non ha nulla a che fare con la vittoria sull’altro. Ha vinto il mondo, amandolo. È vero che sulla croce inizia una nuova realtà e un nuovo ordine, quello di chi dona la vita per amore. E con la Risurrezione e con il dono dello Spirito, quella realtà e quell’ordine appartengono ai suoi discepoli. A noi. La risposta di Dio alla domanda sul perché della sofferenza del giusto, non è una spiegazione, ma una Presenza. È Cristo sulla croce.

Avere il coraggio dell’amore e della pace qui, oggi, significa non permettere che odio, vendetta, rabbia e dolore occupino tutto lo spazio del nostro cuore, dei nostri discorsi, del nostro pensare. Significa impegnarsi personalmente per la giustizia, essere capaci di affermare e denunciare la verità dolorosa delle ingiustizie e del male che ci circonda, senza però che questo inquini le nostre relazioni.

Significa impegnarsi, essere convinti che valga ancora la pena di fare tutto il possibile per la pace, la giustizia, l’uguaglianza e la riconciliazione. Il nostro parlare non deve essere pieno di morte e porte chiuse. Al contrario, le nostre parole devono essere creative, dare vita, creare prospettive, aprire orizzonti.

Nel nostro piccolo, nel quotidiano, possiamo anche noi contribuire alla pace. Oggi, anche domani. In ogni circostanza che ci è data .

don Claudio Robbiati

don Claudio Robbiati